di Jewin Benedict
Ogni anno a Genova si svolge il festival del Suq. È una manifestazione nata nel 1999 da Carla Peirolero e Valentina a Arcuri, due donne di teatro capaci di trasformare un angolo del Porto Antico in un bazar orientale, come quelli che si trovano ad esempio nella città di Istanbul in Turchia. Il Suq si svolge nella piazza delle feste progettata da Renzo Piano e la scelta del posto non è casuale perché Genova essendo da sempre una città portuale è stata nei millenni punto di scambio di culture di popoli diversi e il Porto Antico è considerato il cuore della città.
Al Suq sono rappresentati 35 paesi differenti ed è un’occasione per provare ricette nuove, di popoli lontani come l’India o l’Africa, fare un giro per lasciarsi tentare dai particolari oggetti che rendono le bancarelle come gioielli dai tratti egiziani e le colorate sete e stoffe della Cina con cui sono stati realizzati abiti unici. Il festival però è anche un insieme di dialoghi e spettacolo perché nelle due settimane in cui si svolge vengono messi in scena 60 eventi con più di 100 protagonisti che attraverso il teatro, la musica e la letteratura portano sul palco racconti e storie di culture diverse, trattando anche i temi del momento.
Quest’anno alla ventiseiesima edizione del festival, che si è tenuta dal 14 al 23 giugno, si è parlato di pace, della cultura del cibo e del ricordo del genocidio in Ruanda essendo il trentesimo anniversario. Importante quest’anno è stato anche il tema dell’ambiente, in particolare della sua salvaguardia, difatti tra gli ospiti che sono saliti sul palco c’è stata l’associazione svizzera chiamata “Anziane per il clima e il Friday for future”. Questo festival dà l’opportunità di avere un incontro tra i popoli dando un motivo per aiutare ad abbattere l’indifferenza, il razzismo e, per quanto riguarda questa edizione, ha permesso alle persone di dare uno sguardo più da vicino alle guerre che stanno distruggendo paesi come l’Ucraina e la Palestina.
Io non sono riuscito a partecipare a questa edizione del Suq, ma ci sono andato alcuni anni fa insieme alla mia famiglia. Mi è rimasto un bellissimo ricordo di quando camminavo fra i banchetti annusando nell’ aria il profumo delle spezie e degli olii essenziali e profumi più particolari come quelli dell’incenso e del palo santo, il legno profumato che se bruciato rilascia nell’aria un profumo che sembra scacciare le energie negative. Al Suq ho potuto gustare piatti tipici della Thailandia come il pad thai, noodles di riso conditi con verdure e gamberi o pollo, oltre che un sacco di spezie. Ho bevuto il masala chai-tè, una bevanda indiana a base di tè nero a cui vengono aggiunte spezie e erbe indiane miscelate con il latte. Ho provato, tra i banchi che servivano cibo indiano, a cercare inoltre piatti tipici dello Sri Lanka, che è il Paese d’origine della mia famiglia, non ne ho trovato molti, però ho trovato il mio piatto preferito, il buryany, a base di riso con pollo, ricoperto da tante spezie e una salsa piccante che a me piace tanto.
Dai banchetti, con mamma e papà, ho comprato una lampada ricavata da una pietra di sale grosso rosa dell’Himalaya che possiedo ancora oggi. E’ un oggetto particolare che mi porta alla mente un ricordo di quando mio fratello era piccolo e vedendo la lampada, pensando fosse una caramella, provava a leccarla sentendo però un sapore salato che gli provocava delle smorfie buffe. Un altro piatto che mi ricordo di aver provato è stato un dolce tipico marocchino, un biscotto formato da pasta frolla speziata con sesamo e miele di nome shebakia, appiccicoso ma molto dolce. Ci sarebbero stati altri piatti da provare e tanti altri oggetti da acquistare ma il tempo era volato e dopo poche ore era giunto il momento di tornare a casa. Spero di poterci ritornare un giorno, di gustare altre prelibatezze e comprare altri strani oggetti da tenere come ricordo. Sicuramente è un festival molto interessante e unico, mi è piaciuto come dia la possibilità di conoscere altre culture oltre alla nostra. È un festival che non va visitato ma vissuto e che consiglio a tutti per conoscere un pochino di più il resto del mondo e gli altri popoli in tutta la loro unicità.