di Hilary Penafiel
L’arrivo in Italia, una sorella sconosciuta, una nuova lingua e nuove abitudini da imparare, i primi amici e il mondo del lavoro. Intervista a mio padre, Artur “Junior” Penafiel, dall’Ecuador all’Italia a soli otto anni.
Quando sei arrivato in Italia?
Ero molto piccolo, mi sono trasferito nel gennaio del 2000, avevo otto anni appena compiuti.
Perché ti sei trasferito?
Perché i miei genitori erano già in Italia e avevano deciso che anch’io dovevo venire per stare con loro.
Che sentimenti hai provato?
All’inizio ero molto triste perché in Ecuador lasciavo mia zia, con la quale ero cresciuto mentre mia madre era in Italia. La zia Jessica è stata con me per tre anni, durante i quali non ho mai visto i miei genitori, quindi le ero molto affezionato.
Come ti sei sentito il primo giorno di scuola?
Ero molto emozionato ma anche spaventato perché era la mia prima esperienza in Italia. Mi avevano messo in seconda elementare perché in Ecuador avevo fatto la prima. Ero molto spaventato perché non parlavo benissimo la lingua, anche se, essendo arrivato a gennaio, avevo avuto otto mesi per impararla.
Ti sei integrato facilmente?
Io sono sempre stato una persona molto riservata e da piccolo ero molto timido. Non mi sono integrato subito, ho fatto un po’ di fatica, ma un paio di miei paesani mi hanno aiutato molto a inserirmi e piano piano ho legato con tutti.
Hai fatto subito amicizia?
Mah, il primo anno che ero in Italia non mi ricordo di aver fatto amicizie in particolare. In quarta e in quinta avevo cambiato scuola e avevo molto legato con un ragazzo di nome Dorian; ci siamo separati per le scuole medie ma eravamo molto uniti e siamo rimasti in contatto e in amicizia.
Raccontami quando sono venuti a prenderti in Ecuador per portarti in Italia
Mi ricordo che prima che arrivassero a prendermi ero molto intimorito perché dovevo incontrare delle persone di cui non ricordavo assolutamente niente. Erano venuti a prendermi i miei insieme alle mie zie e a mia nonna. Siamo rimasti due settimane in Ecuador insieme per festeggiare il Natale e il Capodanno e poi siamo partiti. Ero molto emozionato perché non avevo mai preso l’aereo. Quando sono arrivato in Italia faceva molto freddo e io non ero abituato. Siamo andati a casa di mia zia e lì ci aspettavano tutti i miei parenti con mia sorella Fernanda. Io non ricordavo di avere questa sorella perché non la vedevo da molto tempo ed è stato molto bello.
Quali sono le cose che più ti mancavano dell’Ecuador?
In realtà sono venuto in Italia talmente piccolo che ho vissuto in Ecuador veramente poco e di conseguenza è difficile sentire la mancanza di qualcosa di specifico.
Invece cosa ti è piaciuto subito della tua nuova nazione?
Quando sono arrivato in Italia sono subito rimasto molto colpito dai paesaggi che mi si presentavano fuori dal finestrino dell’auto durante il tragitto dall’aeroporto di Milano a Genova dove viveva la mia famiglia. Ovviamente poi, vivendo a Genova, sono rimasto affascinato da questa città così caratteristica dai suoi vicoli e dai suoi edifici e dalle sue strade grandi e trafficate, tutto questo molto diverso dalla periferia di Guayaquil da dove provenivo.
Oggi l’Ecuador sta vivendo una situazione molto difficile: come vivi le notizie che si sentono in televisione?
Sono sinceramente molto dispiaciuto per la situazione che stanno vivendo in Ecuador, perchè le notizie che arrivano da lì sono agghiaccianti per il livello di criminalità molto alto e perchè comunque la gente onesta non riesce a vivere tranquillamente dovendo convivere con un coprifuoco e con uno stato che sta vivendo una guerra interna. Tutto questo io credo che sia un peccato perché l’Ecuador è un paese che avrebbe tutte le carte in regola per poter vivere tranquillamente di turismo e di tutte le risorse di cui il territorio dispone.
Quale consiglio daresti ai ragazzi che si trovano a vivere la tua stessa esperienza?
Il consiglio che mi sento di dare è di non avere paura nell’affrontare un’avventura come quella di venire a vivere in Italia perchè è un paese accogliente e che offre molte opportunità, sicuramente la garanzia di poter studiare e di avere un servizio sanitario gratuito che non tutti i paesi garantiscono.