di Ian Garofalo Bentley
“Non sarebbe una buona idea scrivere una storia che parli di un gruppo di ragazzi su un’isola e che mostri come si comporterebbero realmente, visto che sono ragazzi e non sono i soliti piccoli santi dei libri per bambini?”
Sono queste le parole dell’autore William Golding rivolte alla moglie seduta con lui davanti al caminetto e siete voi che dovrete rispondere una volta letto questo emozionante capolavoro. Questo romanzo inizia con una fine, più precisamente con la fine di un volo, un aereo che doveva portare in salvo un gruppo misto di bambini e adolescenti dalla guerra, ma uno schianto e un’esplosione si susseguono per finire in un fischio e in una nube di fumo, terra e polvere.
Mentre la Seconda Guerra Mondiale infuria, una banda di giovani dispersi su un’isola del Pacifico ha qualcosa di più importante a cui pensare: procurarsi del cibo, costruire ripari e, soprattutto, sopravvivere. Ci vogliono pochi giorni perché i ragazzi si rendano conto di non essere protagonisti di un libro per bambini o di un film della Disney, ma della propria vita, un vita purtroppo spietata, nella quale si insinuano incubi, preoccupazioni e una paura più grande di tutte le altre: una bestia potrebbe aggirarsi per l’isola. Un bambino sostiene di averla vista e la paura diventa come una malattia dalla quale i più piccoli sono i primi ad essere contagiati, poi cedono anche i più duri e quest’ idea finisce col distorcere la loro percezione della realtà portando molti di quei giovani alla pazzia. Capiranno poi che la bestia non è il loro peggior nemico: ciò da cui devono scappare e da cui si devono liberare per sopravvivere sono loro stessi.
Ed è qui che non si può fare a meno di rimanere in uno stato di tensione pazzesca, dove la suspance diventa parte del lettore, dove gli occhi si muovono freneticamente sulle pagine in cerca di qualcosa che possa soddisfare la loro fame, poi le mani iniziano a girare le pagine con un ritmo sempre più veloce e non si può fare altro che respirare, leggere e dimenticarsi pure di mangiare, saltando i pasti e divorando solamente il libro che si ha davanti, che invece di saziare il lettore gli fa venire sempre più fame, a ogni movimento meccanico del braccio, in attesa del dessert: il finale.
Sto ancora riflettendo su questo libro che mi è entrato dentro e si è impossessato dei miei pensieri, della mia vita tramite le continue domande che suscitava in me, come per esempio: “Ma che cos’è la bestia, esiste davvero?” E ancora: “Ma chi avrà ragione?”; “Ma possono dei ragazzini essere così crudeli, come dei mostri? Si intuisce facilmente che l’intero libro può essere interpretato a diversi livelli: potremmo leggere questa storia come è scritta o potremmo paragonare la vita su quell’isola alla nostra società, con continue rivolte, dove chi era al potere viene perseguitato nell’assetata ricerca della libertà assoluta. Nonostante ciò vi lascio la libertà di interpretarlo senza condizionare le vostre riflessioni che vi incalzeranno presentandosi ogni giorno con una nuova domanda e una nuova risposta.
Golding ne “Il Signore delle Mosche” descrive una situazione che in un primo momento può sembrare ai limiti del possibile perchè lontanissima dalla nostra realtà, ma riflettendoci meglio si diventa consapevoli che questi fatti surreali possono realmente verificarsi. Vi consiglio vivamente di leggere la prefazione di Stephen King, per me fonte di lunghe riflessioni e degli spunti dai quali è nato questo articolo. Leggetela però solo dopo aver finito il libro, perché spoilera alcune cose che se sapeste già probabilmente non leggereste il resto del libro, oltre ad anticiparvi il finale. Buona lettura.