di Lucia Garbarini
Turisti nel proprio territorio alla scoperta dell’insolito dietro ai luoghi quotidiani. E’ quello che abbiamo sperimentato nei mesi di giugno e luglio partecipando al corso estivo “Ricominciamo a conoscere”, che ci ha portato in giro per la riviera di levante a guardare i luoghi per noi quotidiani con occhi nuovi. Non potevamo che cominciare da Rapallo.
La nostra prima tappa è stata il ponte Annibale, che deve il soprannome alla leggenda che durante la seconda guerra punica sul lido di Rapallo (allora scalo marittimo commerciale), siano sbarcati rifornimenti e rinforzi per le truppe di Annibale provenienti dalla Spagna che si sarebbero poi scontrate nella battaglia del Trebbia nel 218 a.C. In realtà si tratta di fake news storica, infatti il primo documento che parla del ponte è datato 7 aprile 1049: un gesto formale con cui Rainaldo firmò la donazione di alcuni fondi adiacenti al ponte a una chiesa di Genova. Un altro atto in cui si cita il manufatto risale al 1300, il ponte è indicato come “Pontem de Bolago” è il Bolago non è che l’attuale torrente Boate, dato che questo scorreva sotto il Ponte di Annibale! In seguito il tratto finale del fiume è stato deviato e sotto il ponte hanno fatto passare la strada che collega Rapallo con Santa Margherita.
Poco distante, nei giardini all’ingresso del porto turistico, abbiamo fatto una visita al “muro dei partigiani”, costruzione antisbarco su cui ancora oggi sono visibili i segni dei proiettili che hanno ucciso un gruppo di partigiani, catturati dai tedeschi tra il 24 e il 25 aprile 1945.
Terza tappa sono stati “gli alberghetti”, i primi alberghi ad aprire in città alla fine dell’Ottocento su un terreno bonificato. In quel periodo storico gli alberghi erano frequentati da nobili ed artisti, e infatti dopo questi primi tre ne costruirono tanti altri, tanto che la zona compresa tra via degli Aranci e via Diaz divenne il quadrilatero della Belle Epoque rapallese. In stato di abbandono per decenni sono stati negli ultimi anni ristrutturati.
Ci passiamo tantissime volte, ma raramente ci fermiamo ad osservare la Porta delle Saline, purtroppo l’ultima superstite delle cinque porte che facevano parte dell’antico “borgo murato” di Rapallo. La porta, che si affaccia su via Giustiniani, deve il suo nome alla vicinanza delle saline, impianto estrattivo della famiglia genovese dei Doria. La parte che si affaccia al centro storico è ornata da un’edicola barocca che custodisce una riproduzione della celebre icona della Madonna di Montallegro.
La religiosità dei rapallesi si esprime anche nei due oratori che affiancano le diverse chiese presenti in città: quello dei Bianchi, in cui ogni anno ci si recano i bambini prima di ricevere la loro prima comunione, e quello dei Neri, dove nel periodo natalizio viene realizzato un bellissimo presepe. Forse non tutti sanno che i loro nomi si devono al colore delle cappe delle loro rispettive confraternite.
Passeggiando per il centro storico con occhi attenti si possono vedere i segni delle sue origini medievali nel caruggio e nei passaggi sotto i portici. Tipici di questa parte di Liguria sono i portali in ardesia di via Mazzini e via Magenta e le case colorate con le loro finestre finte. Nel Settecento per evitare le imposte sugli infissi dovute ai costi esosi della guerra contro la Corsica, le città genovesi inventarono questo piano: i proprietari mantenevano le finestre sempre chiuse, e per evitare di distruggere il senso di armonia ed apertura delle abitazioni si ingegnarono dipingendole sulle facciate delle loro case. Un’altra piazza un po’ nascosta, ma assolutamente da ammirare è quella del pozzo, situata nel cuore di Rolecca, dove una volta lì si riunivano le donne per attingere acqua dal pozzo cittadino.
In passeggiata a mare tutti conoscono il castello, costruito nel 1550, che un tempo veniva usato come carcere e ora come luogo di mostre e convegni, ma in pochi notano sull’ampio marciapiede che sta di fronte a Caffè e ristoranti i bellissimi mosaici degli anni Trenta che raffigurano pesci e crostacei del golfo del Tigullio.
Un altro luogo per noi quotidiano è il Chiosco della musica, voluto alla fine degli anni Venti dai rapallesi emigrati, che vollero donare alla città uno spazio speciale per balli e concerti impreziosito da dodici colonne e una cupola affrescata. Alzando gli occhi al soffitto si possono vedere le scene dipinte da Giovanni Grifo, in onore degli artisti della storia della musica.
Lo spirito di un luogo si trova anche nella sua gastronomia, così nel nostro giro alla scoperta della Rapallo inaspettata non è mancata una visita alla storica pasticceria Canepa, uno dei locali più antichi della città. Dalla sua fondazione nel 1862, ha saputo mantenere viva la tradizione producendo dolci con tecniche artigianali, usando solo materie prime di ottima qualità. Tra le sue specialità ci sono i cubeletti, dolci cestini di pasta frolla chiusi da un “cappello” anch’esso di pasta frolla, ripieni di confettura di mele cotogne, cotti in uno stampo particolare che ne determina la forma. A mostrarceli è stato mio padre, Gianni Garbarini, che ha improvvisato volentieri per noi una lezione sul dolce così tipico di Rapallo da aver ricevuto la De.Co.(denominazione comunale d’origine). Un albero di mele cotogne non mancava mai negli orti dei rapallesi, ed ecco spiegato lo speciale ripieno.
Dopo aver “visto” la Rapallo dell’antichità, quella del Medioevo, del Cinquecento, dell’Ottocento, della Belle Époque, della seconda guerra mondiale e dell’emigrazione, il nostro giro è terminato a Villa Tigullio, nel verde parco affacciato sul mare su cui si staglia come un protettore del Golfo il promontorio di Portofino. Nella Villa, appartenuta alla famiglia Spinola, oggi si trovano il Museo del Merletto e la Biblioteca Internazionale, frequentata da bambini e ragazzi non solo per la ricchissima dotazione di libri ma per la possibilità di studiare in spazi attrezzati con una vista magnifica. Lì ci siamo sfidati in una gara di orienteering, scoprendo che non si è mai abbastanza rapallini da conoscere proprio tutto!