di Eugenio Pastro
Qualche giorno fa, il 18 luglio, c’è stato il Mandela Day, giornata in cui si ricorda Nelson Mandela, uno dei più grandi uomini mai esistiti.
Mandela visse in Sudafrica, Stato in cui la segregazione razziale era una legge che condizionava molto la sua vita e quella del suo popolo: c’erano autobus per bianchi e autobus per neri, marciapiedi per bianchi e marciapiedi per neri, bagni per bianchi e bagni per neri. Addirittura non si potevano fare matrimoni misti.
Mandela ha sempre combattuto per l’uguaglianza e per la liberazione dall’apartheid, svolgendo una intensa attività politica per rendere pubbliche le sue idee. Per questo passò ventisette anni a Robben Island in una prigione. Nonostante i maltrattamenti e le torture, lui non abbandonò mai le sue idee e con il sostegno del popolo, continuò sempre e comunque a combattere per i suoi diritti, diventando così simbolo di pace e libertà.
Scarcerato nel 1990, divenne presidente del Sudafrica nel 1993 e finalmente mise in pratica i suoi pensieri abolendo l’apartheid. Morì a 95 anni nel 2013. Durante il suo funerale milioni di persone piansero: non solo i sudafricani, ma anche bianchi, tutto il mondo rese omaggio alla sua figura.
Mandela resta un esempio da seguire anche al giorno d’oggi perché il fenomeno dell’immigrazione dall’Africa e i problemi legati all’integrazione stanno facendo crescere la discriminazione nei confronti delle persone di colore.